Greenwashing: cos’è, come riconoscerlo e come evitarlo

Greenwashing: cos’è, come riconoscerlo e come evitarlo

  1. Introduzione

  2. Che cos'è il greenwashing

  3. Perché il greenwashing è pericoloso

  4. Come riconoscerlo

  5. Esempi concreti

  6. Come evitarlo

  7. Conclusione

Introduzione

Negli ultimi anni la parola sostenibilità è diventata uno dei termini più usati (e abusati) dal marketing. Scaffali pieni di prodotti con confezioni verdi, simboli naturali e slogan rassicuranti come “rispettoso dell’ambiente” o “eco-friendly” attirano l’attenzione del consumatore. Ma quanto di tutto ciò è reale? E quanto invece è solo una strategia per convincerci a comprare senza un reale impegno ambientale?

Questa pratica ha un nome: greenwashing, e sta diventando sempre più diffusa in tutti i settori.

Che cos'è il greenwashing

Il termine nasce dall’unione di green (verde, ecologico) e washing (lavare), e significa “darsi una ripulita ecologica”. In altre parole, le aziende fingono attenzione per l’ambiente per apparire sostenibili agli occhi dei consumatori, senza modificare i propri processi produttivi.

Il fenomeno nasce negli anni '80, quando alcune grandi aziende accusate di inquinamento iniziarono a usare pubblicità con immagini naturalistiche pur continuando a produrre in modo altamente impattante. Oggi è diffuso in settori come fast fashion, cosmetici, food e energia.

Perché il greenwashing è pericoloso

  • Inganna i consumatori: crediamo di fare scelte sostenibili quando in realtà non è così.
  • Rallenta il cambiamento reale: ci sentiamo a posto con noi stessi e non cerchiamo alternative più efficaci.
  • Penalizza chi è davvero sostenibile: le aziende etiche competono con chi investe solo in marketing.
  • Crea sfiducia: una volta scoperto l’inganno, si rischia di dubitare di tutte le iniziative “green”.

Come riconoscerlo

Non sempre è semplice, ma ci sono segnali chiari che possono aiutare:

  • Parole vaghe: termini come naturale, green, eco senza spiegazioni concrete.
  • Packaging verde “a effetto”: foglioline o colori verde non rendono un prodotto sostenibile.
  • Mancanza di trasparenza: un brand sostenibile fornisce dati, numeri e dettagli sulle pratiche.
  • Promesse esagerate: claim come “100% ecologico” o “a impatto zero” spesso non hanno basi scientifiche.
  • Compensazioni dubbie: piantare alberi non compensa pratiche altamente inquinanti.
  • Singolo prodotto “eco”: il resto della produzione rimane impattante.

Esempi concreti di greenwashing

Alcuni esempi comuni per capire meglio:

  • Fast fashion: collezioni “sostenibili” realizzate con materiali riciclati mentre il resto della produzione rimane altamente impattante.
  • Cosmetici: shampoo o creme “naturali” per un singolo ingrediente, ma con siliconi o sostanze inquinanti.
  • Energia: aziende che promuovono energia “verde” pur producendo da fonti fossili.
  • Food: prodotti industriali con immagini di fattorie, senza coerenza con la filiera.

Come evitarlo e fare scelte consapevoli

Ci sono strategie pratiche per difendersi dal greenwashing:

  • Controlla le certificazioni: Ecolabel UE, Fairtrade, ICEA, GOTS, COSMOS.
  • Cerca trasparenza: verifica filiera, materiali e pratiche produttive.
  • Diffida dei claim generici: parole come eco o green senza dettagli sono campanelli d’allarme.
  • Informati sulla filiera: dove e come è stato prodotto il prodotto? Chi l’ha realizzato?
  • Compra meno, compra meglio: ridurre i consumi e preferire prodotti durevoli è la scelta più sostenibile.

Conclusione

Il greenwashing sfrutta la nostra voglia di fare la cosa giusta per venderci illusioni. Ma possiamo diventare consumatori più consapevoli, premiando aziende trasparenti e riducendo il potere di chi usa la sostenibilità come facciata. La sostenibilità non è uno slogan o un colore: è una responsabilità quotidiana, fatta di scelte concrete e consapevoli.

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